ANNE WANNER'S Textiles in History / symposiums

 
 

Salone Internazionale
dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali

Ferrara 4  aprile 2008


 



Ore 14,30
Ferrara Fiere
Sala Castello, atrio 1°piano

 


La moda che vive due volte: il vintage. Come conservarlo?
 
 
 

1) Creato dalla felice contaminazione di due vocaboli francesi,  “l’age du vin” (vino d’annata) e “vendange” (vendemmia), il vintage è un fenomeno nuovo, entrato da poco nel sistema moda, che fa riferimento ad un modo di porsi critico e vagamente un po’ retrò nei confronti di un passato relativamente recente e delle sue icone più rappresentative di cui si vuole riappropriare.

Vintage non é dunque un oggetto semplicemente vecchio, casualmente ritrovato nel negozio di un rigattiere o nel solaio di casa, oppure ripescato su un panchetto di robivecchi nei mercatini dell’usato, ma rimanda piuttosto ad una ampia casistica di materiali prodotti un ventennio fa o anche prima, di confezione artigianale ma per lo più industriale, consacrati dalla storia per essere stati fin dal momento in cui sono nati prodotti speciali, il cui valore aggiunto, universalmente conferito loro dal mercato all’epoca, è rimasto inalterato nel tempo fino ad oggi trasformandoli in veri e propri oggetti cult.

Volendo azzardare un confronto calzante tra passato e presente, come l’opera d’arte antica è stata l’espressione di una cultura artigianale unica e irripetibile, così il prodotto vintage si fa interprete della parte migliore e più avanzata della cultura industriale, coniugando insieme valori di funzionalità e di estetica nuovi e propri dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Recuperato a nuova vita, un prodotto vintage può essere indossato se si tratta di un abito o di un suo accessorio, oppure vissuto come componente dell’arredo (una lampada, un divano…), o usato mezzo di trasporto (un auto, una vespa…) e di comunicazione sociale (un joke-box, una radio, una chitarra), o quant’altro ancora.
  
 

2) Cercare dunque di comprendere questa nuova tendenza della moda contemporanea, prefigurandone gli sviluppi futuri e confrontandosi anche con la difficile problematica della conservazione dei suoi materiali, è il  tema duplice di questo incontro di studio.

All’interno del variegato mondo di forme, colori e materiali della produzione vintage tout court, si è scelto di  focalizzare l’analisi sulla sua espressione più consumistica ed effimera, ovvero quella rappresentata dall’abito e dal suo nutrito corredo di accessori. Sembra questo l’osservatorio critico privilegiato per la comprensione di un fenomeno non facile da decifrare perché entra in scena come espressione nostalgica e feticista di un passato non tanto antico, rivendicando una dignità storica in alternativa al prodotto fashion di tendenza di cui è l’antenato più prossimo. Sembra quasi che il vintage si ponga infatti come risposta culturale alternativa e controcorrente al consumismo esasperato e incontrollabile della moda.

Sul successo, non solo economico, di questa nuova tendenza della moda  sono stati invitati a intervenire, oltre a studiosi dell’argomento, anche collezionisti del settore che ci motiveranno le loro scelte e ci informeranno sulle previsoni di mercato.
Per voce di una esperta, il mondo della moda contemporanea e della sua memoria, di cui il vintage è l’espressione attuale, ci sarà dispiegato nelle sue tappe fondamentali, a partire dai mutamenti radicali sperimentati dalle avanguardie artistiche dei primi del Novecento, fino all’avvento rivoluzionario del pronto moda, il pret à portér, che ha immesso sul mercato capi alternativi prodotti in serie e di largo consumo circoscrivedo sempre di più il settore blindato ed esclusivo dell’Alta Moda.
 
 
 

3)
Mondo quest’ultimo che affonda le proprie radici nelle storia della sartoria italiana e che verrà più dettagliamente ricordato, sempre in questa occasione, dai risultati di una ricerca conclusa di recente in Emilia Romagna , promossa dall’Istituto per i Beni Artistici e Culturali in collaborazione con l’Università di Bologna, con la quale si è inteso ricostruire il lavoro delle botteghe e degli ateliers più in vista, attivi nella nostra regione tra Otto e Novecento. Un sommerso di materiali e di professionalità artigianali di alto profilo oggi fortunamente in gran parte recuperato alla memoria e ricostruito nelle sua identità storica di processi creativi e produttivi. Gli abiti che uscivano da questi laboratori erano capi unici, confezionati su misura con materiali di pregio, su modelli esclusivi italiani e francesi, che venivano copiati o riadattati per soddisfare le vanità dell’apparire delle signore dell’aristocrazia e dell’alta borghesia più in vista.

Per contrasto, il prodotto di alta sartoria artigianale verrà poi messo a confronto, sempre dall’esperta del settore, con la produzione industriale del pronto moda.
Il confronto non riguarderà solo l’abito industriale del dopoguerra, semplificato nel taglio, non particolarmente accurato nei dettagli e confezionato in serie con tessuti poco costosi per un mercato di massa, ma soprattutto quello più elaborato, frutto di materiali, tecnologie e progettualità nuove, che a partire dagli anni ‘60 porterà la parte più lungimirante della produzione industriale ad affrancarsi dal prodotto di  largo consumo per conquistare un target qualitativo sempre più alto e sofisticato, tale  che  il capo e la collezione sono immediamente riconoscibili per lo stilista che li firma o per il marchio che li produce.

Sul fronte più strettamente industriale, la parola al convegno passerà invece agli interlocutori autorevoli della nostra imprenditoria regionale, che insieme agli osservatori culturali privilegiati delle università, concentreranno l’attenzione su due snodi critici sostanziali: su come sia avvenuto dal dopoguerra ad oggi il passaggio dell’industria italiana della moda dalla produzione in serie di largo consumo a quella più selettiva del marchio-boutique licenziato in serie limitata di capi e su come poi il raggiungimento di questi obiettivi abbia comportato nuovi investimenti e strategie aziendali diverse  e la
 

4)
necessità in primis di dotarsi di banche dati visive, indispensabili per implementare la ricerca e la creatività industriale rendendola sempre più competitiva.
I materiali, raccolti in archivi organizzati, sono quanto mai diversificati: si va da disegni, bozzetti, modelli, campionari di abiti e di tessuti, accessori di ogni epoca e provenienza, a immagini, forme e colori provenienti da ogni settore delle arti visive, dall’arte all’architettura contemporanea, fino ad includere giornali, riviste, video e filmati sullo stile di vita della gente nella società di dei consumi, ampiamente divulgati dai mass-media.

Come e perchè conservare i materiali vintage, e per estensione quelli della moda contempronea, é il secondo interrogativo che si intende affrontare in questa giornata. Si tratta di un argomento spinoso e complesso  che a tutt’oggi trova impreparati gli stessi operatori del settore disponendo di  pochi riferimenti anche a livello internazionale.

La ricerca in questo campo purtroppo è ferma ad un stadio ancora pioneristico ,specie per quanto riguarda il problema del recupero dei materiali artificiali e sintetici di vecchia e di nuova generazione, dai filati in nylon e in rayon, alle fibre poliammidiche, agli acetati, alla viscosa, inclusi tutte le infinite varietà di plastiche e di tessuti non tessuti a base di polimeri che hanno invaso il mercato della moda dal dopoguerra ad oggi, quasi sempre al di fuori di regole di sicurezza per la salute di chi li produce come di chi li indossa. Un aiuto concreto e immediato può venire forse da un confronto con l’arte contemporanea che dagli anni ottanta del secolo scorso ha risolto con successo alcuni aspetti del problema della sua conservazione.

Se la salvaguardia dei materiali vintage, e per naturale estensione di tutta moda contemporanea, richiede  ancora l’individuazione di metodologie adeguate, non di meno la sua conservazione museale, benchè  testimoniata oggi da esempi convincenti per quanto riguarda esposizioni temporanee, difetta ancora di una progettualità sua propria per l’esposizione permanente: preservare abiti nati per essere consumati e confezionati con materiali di cui non si conoscono le mutazioni fisiche e chimiche nel tempo è una scommessa ancora tutta aperta.

 

Saluti di
  Ezio Raimondi

Presidente dell’Istituto Beni Artistici Culturali Naturali della Regione Emilia-Romagna

Introduce:  Laura Carlini
Responsabile del Servizio Musei e Beni Culturali dell’Istituto Beni Artistici Culturali Naturali della Regione Emilia-Romagna

Coordina Mario Lupano
Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea specialistica in ”Sistemi e comunicazione della moda”


Interventi

Enrica Morini: Storica della moda contemporanea: La moda contemporanea e la memoria
Thessy Schoenholzer Nichols: Studiosa della conservazione di abiti e tessili antichi

Moira Brunori: Univeristà degli Studi di Firenze, Facoltà di Lettere e Filosofia, docente del “Laboratorio di tecniche avanzate di conservazione e restauro”, corso di laurea in “Cultura e Stlismo della moda”: Conservare e restaurare il vintage per le raccolte museali della moda

Elisa Tosi Brandi: Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, docente del corso di laurea in “Cultura e tecniche del costume della moda”: Artisti del quotidiano. Sarti e sartorie storiche in Emilia-Romagna

Mario Lupano: Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea specialistica in ”Sistemi e comunicazione  della moda”: File-style: gli archivi della moda

Federica Fornaciari: Biblioteca e Archivio MAX  MARA : L’industria della moda: la produzione e gli archivi dei materiali

Angelo Caroli: Titolare di  A.N.G.E.L.O: Perché collezionare il vintage


Dibattito

Comitato Scientifico: Laura Carlini, Marta Cuoghi Costantini, Maria Giuseppina Muzzarelli, Iolanda Silvestri

Cura: Marta Cuoghi Costantini, Iolanda Silvestri


Segreteria organizzativa:

Marta Cuoghi Costantini

tel. 051  217  440

     059  238  603

mcuoghicostantini@regione.emilia-romagna.it

Beatrice Orsini

Tel. 051 217 448

borsini@regione.emilia-romagna.it

Iolanda Silvestri

Tel.  051 217 405

       059 373 888

isilvestri@regione.emilia-romagna.it

 

Quartiere fieristico di Ferrara, via della Fiera 11 – 44100 Ferrara

Uscita autostradale Ferrara Sud A13

 

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